Il legno nero
Il nome italiano di questa fiitoplasmosi deriva dal francese “bois noir” ed è stato coniato negli anni ’60, quando questa malattia fece la sua apparizione in Francia. Inizialmente sembrava di scarsa importanza perché era limitata a pochi areali viticoli e non causava epidemie improvvise e devastanti come quelle della flavescenza dorata, ma recentemente le cose sono cambiate perché questa malattia sta provocando danni economici non trascurabili e inoltre si è estesa a tutta la Penisola.
Il patogeno responsabile del legno nero è il Candidatus Phytoplasma solani, un fitoplasma che appartiene al gruppo filogenetico XII (“Stolbur”), a differenza del Candidatus Phytoplasma vitis, agente eziologico della flavescenza dorata che fa parte del gruppo V (“Elm Yellow”). Nonostante la diversa eziologia, la sintomatologia dei giallumi o fitoplasmosi della vite è la stessa: l’unica differenza sta nel ritardo di apparizione dei sintomi del legno nero rispetto a quelli della flavescenza. In sostanza le diverse denominazioni traggono origine dai sintomi presi in considerazione, rispettivamente la necrosi e quindi imbrunimento dei tralci non lignificati per il legno nero e il giallume fogliare per la flavescenza dorata.
Per quanto riguarda l’epidemiologia, il legno nero si differenzia nettamente dalla flavescenza perché non risulta trasmissibile dal cicadellide Scaphoideus titanus bensì da un’altra cicalina cixiide, Hyalesthes obsoletus. Si ritiene che ci possano essere altri vettori del legno nero, ma non sono ancora stati definiti con certezza. Al contrario di S. titanus, H. obsoletus visita la vite solo occasionalmente e i suoi ospiti preferiti sono l’ortica e il convolvolo, sulle cui radici sverna come forma giovanile. Quando compaiono gli adulti, in estate, possono nutrirsi sulla vite e trasmetterle il fitoplasma ma, altra cosa che li distingue dallo scafoideo, non sono in grado di acquisirlo da viti infette.
Date le sostanziali differenze sotto il profilo eziologico ed epidemiologico, le linee di difesa prospettate per la flavescenza dorata non valgono per il legno nero. Sono di dubbia utilità l’estirpo delle viti infette, che non costituiscono fonte di inoculo, e i trattamenti insetticidi contro il vettore, che non subisce danno in quanto non vive sulla vite. Assolutamente da limitare o evitare sono gli sfalci e le lavorazioni estive, che provocano il volo degli adulti verso la chioma della vite, mentre una certa utilità è stata attribuita alla lavorazione invernale, la quale espone le forme giovanili svernanti al freddo e ne provoca la morte.
I dati sperimentali riguardanti la difesa dal legno nero sono attualmente scarsi, ma sicuramente il graduale aumento della sua incidenza in molte aree viticole europee porterà ad una maggiore attenzione verso questa fitoplasmosi, finora trascurata rispetto alla flavescenza dorata.
Fonte: www.cercavini,com