L’ aceto balsamico

In commercio ci sono due tipi di aceto che usano l’appellativo balsamico.

Un tipo, comune e di produzione industriale, deriva dall’aceto cotto a cui viene aggiunto caramello e sostanze aromatiche varie.

L’altro tipo è quello tradizionale, ottenuto dal mosto d’uva cotto, senza aggiunta di sostanze aromatiche, invecchiato con lunga e lenta acetificazione.
Ed è di questo che ci occupiamo.
La lavorazione inizia con la scelta e la raccolta dell’uva e prosegue con una soffice pigiatura, quindi il mosto viene setacciato per eliminare le parti solide, filtrato e decantato.
Al massimo entro 24 ore dalla pigiatura, il mosto viene fatto bollire lentamente fino a ridurre il volume della metà (va bene anche una riduzione compresa tra il 30 e il 70%).
Il mosto cotto viene lasciato raffreddare e poi messo in damigiane di vetro per tutto l’inverno al fine di una ulteriore decantazione di fecce e mucillagini.
In primavera si filtra e si travasa in botticella di rovere dove inizia la lenta fermentazione/acetificazione. L’invecchiamento avviene in batteria di botticelle, di legni diversi e di volume decrescente, conservate in locali ben ventilati, al freddo dell’inverno (per la sedimentazione delle impurità) e al caldo dell’estate (per un aumento dell’attività batterica).
I legni usati, oltre il rovere, sono ginepro, frassino, ciliegio, castagno, gelso e il numero minimo per una batteria è di 3 botticelle, che non devono essere riempite oltre il 70%.
Dopo un anno il mosto viene travasato in una botticella più piccola e così negli anni successivi (in botticelle sempre più piccole) e il barile più capiente si reintegra con nuovo mosto cotto.
A partire dal 5° anno di invecchiamento (meglio dal 7°) si può iniziare a degustare questo antico nettare.

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